Territori in cerca di autore, dentro o fuori le DOC? Il Rubino di Josef

di Luca Martinelli*

Chi beve vini artigianali, vini naturali, vini di vignaioli, spesso stappa bottiglie etichettate semplicemente come ‘vino rosso’, ‘vino bianco’, ‘vino frizzante’. Sono tanti i produttori che, per ragioni stilistiche o desiderio di sperimentare oltre le regolamentazioni locali, rinunciano a rivendicare le denominazioni d’origine del territorio in cui lavorano. Luca Francesconi ha fatto un’altra scelta.

Essere dentro una DOC significa essere orgogliosi del proprio territorio“, racconta. “Penso che esista in Italia un ‘mezzo mondo’ di denominazioni che nessuno conosce, che sono in cerca d’autore per usare Pirandello. Ma credo che sia una sorta di imperativo categorico avvalerci della nostra storia“. La sua cantina, Josef, lavora all’interno del territorio del Garda Colli Mantovani e ha deciso di valorizzare laspecificazione Rubino per il vino rosso, visto come uno strumento in grado di raccontare il territorio. Rispettare la denominazione significa secondo Francesconi rispettare la tradizione: “Nove anni fa Josef è nata con uno scopo. Lo scopo era quello di far conoscere un terroir, quello dei colli morenici a sud del Lago di Garda, incastonato tra altre grandi denominazioni, un terroir dalle grandi potenzialità. Un’amalgama di basalti e argille che si sono venuti a creare 50mila anni fa, quando il ghiacciaio dell’Adamello e del Brenta ha formato quella grande conca che oggi chiamiamo ‘Garda’”, scriveva a gennaio in una lettera. “Per fare tutto questo – chi ci segue da tempo lo sa bene – abbiamo eletto il Rubino a rosso di bandiera. Lo abbiamo fatto quando era un vino dimenticato da tutti. O meglio, lo abbiamo fatto quando altri produttori neppure ci pensavano”.

Grazie anche al contributo di Luca Francesconi, dal millesimo 2022 il Garda Colli Mantovani Rubino potrà essere commercializzato come riserva, tre anni dopo la vendemmia. È una piccola rinascita di una delle più antiche denominazioni italiane, nata nel 1973. “Rubino è una menzione vecchia di una doc (Garda Colli Mantovani) molto vecchia. L’idea condivisa – dice Francesconi – era quella di far sì che il Rubino tornasse ad essere, dati gli aspetti storici, un vino di struttura, di prestigio, non più il vino da poco prezzo, che si trova a tre o quattro euro. Anche altre aziende stanno guardando all’ipotesi dell’affinamento, però credo che per alcuni anni sono stato tra i più grandi produttori di rubino, con le mie 3-4mila bottiglie, talmente era poco sfruttata la denominazione”. Nello specifico, il Rubino Garda Colli Mantovani doc è un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Rondinella che ben si esprimono nel terreno argilloso della zona “e se generazioni prima di me hanno fatto questa scelta credo che valga la pena approfondire e andarne orgogliosi”, tiene a ripetere il produttore.

Per questo motivo di tradizione, ricerca e storicità, secondo Francesconi il vino naturale dovrebbe inserirsi nel sistema delle Doc, “di produzione di vini classici in territori classici, mentre invece noi del vino naturale spesso abbiamo detto che le doc non ci interessano con il risultato di avere molti vini che non esprimono il territorio, vini liberi ma che diventano anche indecifrabili”.

Non sono ancora molti i produttori di Rubino, ma la sua speranza è che sempre più aziende seguano “questo esempio di tradizione” spingendo, come i vicini di denominazioni molto conosciute, sul riconoscimento della stessa.

Josef esporta in una dozzina di paesi. Un piccolo successo che introduce un altro tema di riflessione enologica poco battuto nel mondo del vino naturale, ma che dovrebbe essere normale associare all’idea di vino artigiano: “L’autorialità è un tema a cui non si pensa, ma è la vittoria della cantina sul campo, un tema molto scomodo. Per anni si è detto che il vino si fa in campo. Ed è vero che la natura è fondamentale, ma l’uomo è assolutamente più importante del frutto. Chi fa il vino è il vero elemento distintivo“.

 

*Luca Martinelli (Pescia, PT, 1980) è giornalista. Scrive per Altreconomia, il Manifesto e altre testate. Ha collaborato con Radio Popolare e Radio24. Come autore di libri si è occupato di consumo di suolo, di acqua pubblica, di aree interne, di pane. Ha scritto, tra gli altri, “Le conseguenze del cemento”, “L’Italia è bella dentro” e “Pane buono” (Altreconomia). Cura il portale “Storie di giovani imprese” di Fondazione Edoardo Garrone. Ha fatto parte del gruppo di lavoro della “Strategia nazionale aree interne”. Da febbraio 2020 collabora con OpenCoesione.

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